Ogni volta che la vedono, bella. Con questa ci fai il giro del mondo.
Macchè, si è già rotta due volte in 90.000 km. E roba forte, pistoni e imbiellaggio. Soldi veri che ci veniva altro che una moderna che macinava chilometri sul serio. Ma poi ti ci affezioni e vai avanti, ripari e spendi soldi e non sei mica sempre così soddisfatto. Anzi, sorridi amaro quando gli altri ti danno del masochista, ma poi qualche piccola curva fatta bene, portarla la sera a dondolare lungo il fiume, il suono che è bellissimo, gentile ed educato con un motore che ti tira come una manona, il possedere qualcosa di speciale, ti fanno accettare quello che sei andato a cercarti. Con un pò di sofferenza e qualche incazzatura vai sorridendo verso le rogne che tutti ti avevano già facilmente pronosticato.
Scorri con un pò di prudenza, controllando l'olio in maniera maniacale ogni tre - quattrocento chilometri in qualche stazione dove sembri un povero che procura l'interessamento di motociclisti sconosciuti. Ti scotti le dita con l'astina che pare di bronzo allo stato di fusione e non capendo mai perchè ogni tanto si beve in un attimo tutto il liquido che ci sta tra le due tacche di livello oppure si fa ottocento chilometri senza consumarne una goccia.
Il viaggio è roba che gli scooteroni fan più forte, però gli odori che senti son gli stessi, anzi ti convinci di sentirli più di loro, il bucato lavato fuori nei cortili la sera, le fabbriche di conserva o di panettoni che ti fan fame, il freddo delle montagne, il phon caldo e odioso del Frejus, la luce che infiamma l'asfalto al tramonto. 1.059 chilometri con una signora classica raffreddata ad aria.
Arrivo che son già tutti belli carichi, qualche battutina e via che scendo da un ferro per salirne su di un altro. Trefle 2009 con Puch GS 250 del 1978. Mende, sede di una prova del WEC 2008. Tre giorni di fuoristrada, poco meno di 450 km di enduro in posti mitici della regolarità. Unica moto d'epoca su 550 moderne. Unica concessione due mousse già belle pestate. Una gara alla sua 23 edizione, ambitissima, ci si gioca la partecipazione in pochi minuti su internet una notte di fine febbraio.
Leggende del fuoristrada al via e un sacco di amatori con il coltello tra i denti. Gran pacche sulla spalla per la scelta del mezzo e un leggero magone per avere mani e piedi legati a una situazione creatami da solo e che pertanto non lascia via d'uscita. Ancora sto destino cercato, del tutto inutile, non ricompensato economicamente. Però la moto è bellissima e le emozioni pure.
La mattina sulla pedana lo speaker lo appella come un Fantic, no è un Puch. Che in Francia suona come Push e non c'è nulla da fare, rimane Push per i tre giorni di gara. Pochi chilometri sulle pietraie e già i paraoli forcella sono andati. Al primo CO due pezzi di straccio per impedire all'olio di andare a bagnare i ferodi dei Grimeca in puro stile anni settanta. La moto paga soprattutto nella velocità dei trasferimenti, dove è bucato si soffre sul serio, ma nelle speciali si mette dietro a volte più di un centinaio di concorrenti. Braccia di legno e un sacco di ca và di simpatia.
Sulle mulattiere credo di aver pescato un classico dei jolly dei fuoristradisti, son lì che penso come a differenza delle moderne il comportamento dell'avantreno sia distonico rispetto al posteriore, che prendo la classica pietra piantata in velocità e il Push mi si mette a bandiera, facendo divertire e spaventare quelli che seguono.
In realtà il vero jolly lo pesco il giorno seguente quando bellamente esco da uno stop che immette su di una provinciale senza guardare a destra. Bella ragazza francese senza trucco viene avanti a velocità della luce e mi prende la ruota davanti. Contento di avere ancora la gamba destra, mi prodigo in mille scuse e mentre tiro fuori i documenti questa più terrorizzata che incazzata prende e se ne va.
Poco anticipo ai controlli orari, praticamente tutta una speciale, benzina, banana, acqua e via andare. Sibilo del disco rotante su sottobosco. Delle mezzore in solitaria a curvare sulla striscia morbida e nera lasciata da quelli che il gas lo dan davvero. Qualche pausa per le foto, posti antichi e tifo semplice ma che scalda il cuore. Il primo giorno più di nove ore di moto. Al secondo un minuto preso per il cervello che funziona a voltaggio ridotto causa stanchezza. Non trovavo la stradina che porta al gazebo dei cronometristi. In un'altro sono entrato per venti secondi, dando gran sgasate per farmi strada tra furgoni guidati da fidanzate stordite e torvi team manager ufficiali. Che spettacolo.
Bei momenti di guida dove la moto può scorrere e la scimmia sulle spalle sta leggera per un pò grazie all'emozione, vittoria della passione e sconfitta del buon senso. Fascino magnetico e un pò perverso di dare del gas su una vecchietta fatta per stare ormai in un garage sotto una coperta.
Mal alle mani da paura quando letteralmente mi risiedo sul Bmw per farmi i mille di ritorno. Ho la lente dell'entusiasmo un pò appannata, ma mi rifaccio prendere la mano e la fantasia. Per fortuna.
Emozioni su Sideburn di Gary Inman