lunedì 26 luglio 2010

Ma che giornata di arbitro







































Guidare veloce verso Giavera, Lonigo o Terenzano lo rende sereno, se deve arbitrare è quasi felice, anche se pare che la felicità non sia di questa terra. Ma si sente bene, meglio di tanti che han deciso di non decidere e quindi va molto bene così. Primi passi nel rugby ma con il naso attento all'odore dell'alcol che arriva dalla pista di Piavon a pochi passi da casa. Diviso tra la palla ovale e l'ovale in terra diventa arbitro per il solito caso del destino che di solito si chiama curiosità. E' una prospettiva diversa dalla torretta, non vedi molto bene, non hai telecamere che ripetano l'azione, decidi al volo e sei spesso impopolare. Ma in maniera che ti da piacere. Gusto. A volte più fatica che gusto, ma è la vita. Persi per persi, meglio perversi. Alla John Belushi. Già quando parti da casa sei in bilico tra godimento e sofferenza, adorato e inviso dalla Federazione vicina e lontana. Caro amico ti scrivo più forte che sei lontano. Ma tu ascoltami. Arrivi in mezzo ad altre magliette più o meno azzurre, che stan benissimo con l'ocra della terra e anche con i muri a volte. Dai un'assetto alla gara, ti confronti con gli altri, parli con gente simpatica ed altra meno, ma mica possiamo essere simpatici a tutti. E' un pò il bello della vita, mica è tutto spiegabile per fortuna, mica è tutto semplice e lineare e per fortuna non tutti abbiamo le stesse idee e non tutti vediamo le stesse cose. Questione di visione. Ma facciamo la stessa commedia sportiva e allora portiamola in porto meglio che si può. Misto ammirazione e compassione per il pilota appeso al manubrio laggiù ma che gioia essere qui. Arrivano allo starter, son buffi a volte, tracciano, calpestano, guardano, annusano, toccano e ritoccano con il piede, regolano. Riregolano. Concentrazione spasmodica, tutti e quattro a posto, schiaccio il pulsante. No, si è appoggiato. Escluso, scivolato, riammesso, riammessi entrambi. Protestano occhi non al cielo, ma verso la torretta. Non sono solo, c'è lo speacker e a volte anche buona, ma silente e concentrata bella compagnia. Ma si che sono solo. Hai presente la teoria di quello che ha scritto quel libro sui numeri primi?! Luce scura e aria ferma e bellissima. Odore intenso. Due minuti al via. Ma dove cazzo è finito? Partenze e ripartenze. Finito, si torna a casa. Come ci si congeda dalle cose prima di lasciarle? Meglio l'indifferenza o un brandello di cuore che se ne va?
Claudio Silvestrini arbitro di speedway

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