mercoledì 10 novembre 2010

Lettera aperta a Giovanni Minoli e alla sua redazione

Buongiorno Signori,
da pochi minuti è terminata la trasmissione dedicata alla figura di Giuseppe Taliercio. Non l'ho nemmeno vista tutta perchè ci sono capitato per caso e a questo proposito vi chiedo se potete inviarmene una copia in qualche modo. Appena mi sono reso conto del tema ho chiamato mia madre e anche lei ha avuto modo di apprezzare il vostro lavoro. Riprese bellissime, movimenti di camera che conducono al cuore dell'emozione, scenografia straordinaria, colonna sonora impeccabile, montaggio seducente. Gran lavoro, che regia. Il tutto scandito al solito dalla conduzione assolutamente carismatica di Minoli. Veramente complimenti. Per me e mia mamma è stato decisamente un programma forte.
Mio padre è morto il 18 maggio 1980 a seguito di un incidente sul lavoro accaduto alla Montedison dopo dieci giorni trascorsi nel centro grandi ustionati di Padova. Una scarica di energia elettrica a 10.000 volts lo ha colpito bruciandogli tutto il corpo con ustioni del terzo grado lasciando salvo solo il viso. Scendendo dalle scale della cabina dove si trovava lasciava i pezzi delle sue mani sul corrimano. Mentre mi parlava nella camera asettica le lenzuola erano tese a una decina di centimetri dal corpo perchè gli organi erano tutti scoperti. Vorrei essere un poeta per avere le parole per farvi rivivere quei dieci giorni di agonia. Fuori i giornalisti venivano in pellegrinaggio con i loro articoli preparati per farli firmare a un diciassettenne impaurito e arrabbiato. Firma, firma, lo guardi in faccia, un attimo è quello dell'Unità e l'attimo dopo quello del Secolo. Mia sorella di sette anni a casa con la zia. Freddo improvviso di maggio. Non si sorride più e il senso della vita cambia. Sono morti in due dei tre in quel caso, ma come ben sapete in quel periodo morirono molte persone. Un sacco di famiglie cadute in buchi neri, così, come colpiti da una fiondata gigante. Vite cambiate per sempre e per cosa? Per un posto che adesso potresti farci un luna park o un autodromo dato che non ci lavora più nessuno.
Vi scrivo perchè la presentazione della vostra trasmissione dice che ricordate il passato per capire il presente, un'indagine nella memoria. Beh, in questo caso vi siete scordati la memoria delle persone e delle famiglie che subirono la Montedison. Avete dipinto solo un pezzo dell'affresco, la figura centrale, ma vi siete scordati dei comprimari e in questo modo avete anche disegnato in maniera diversa e fallace il carattere del protagonista. Mica un lavoro sincero, il quadro non regge ma è stato venduto comunque.
Certo il tema era Giuseppe Taliercio, martire per la Chiesa, terribile e assurdo ucciderlo, ma credo che in quanto rappresentante della Montedison lui c'era e sapeva come erano le condizioni di sicurezza. Lo si evince anche dalle sue dichiarazioni in trasmissione. Molto ad effetto l'intervento del Papa, ma mica intervenne per le decine di morti sul lavoro che non avevano spazio mediatico. Che generi di martiri sono stati gli operai? Ne avete sentito qualcuno? Avete chiamato qualche famiglia? Nessuno vuole la condanna mediatica del povero Taliercio ma uno scenario corretto si. Almeno perchè in quella guerra della Montedison ci furono purtroppo molti attori.
Lo avete tratteggiato come un eroe, bellissimi i contributi con le vacanze in montagna della famigliola Taliercio in otto millimetri con la polvere dei ricordi felici, però non eravate lì la vigilia di Natale, albero che mandava un'intermittenza triste, serrande abbassate come se fosse una vergogna che papà fosse morto sul lavoro, non c'eravate quando Taliercio veniva a casa nostra accompagnato dall'autista, si sedeva senza togliersi il soprabito grigio e chiedeva di ritirare la costituzione in parte civile contro la Montedison. Non avete sentito le sue parole, avete solo descritto che portava i pacchi dono ai poveri. E noi cos'eravamo? Senza stipendio per la causa civile in corso.
Nel pezzo che non ho visto, avete descritto quante volte e in quante case Taliercio fece questo teatrino? E' stato anche lui vittima, una famiglia distrutta, ma sono state distrutte molte altre famiglie e lui c'era e dirigeva, quindi qualche responsabilità l'aveva. Provate a chiedere a chi ha vissuto dall'altra parte quel periodo. Tutto qua, è andata così ma voi avete sbagliato. A mio avviso fare un ritratto con luci ed ombre della persona sarebbe opportuno quando si fa giornalismo. Ma è di pochi, forse di nessuno.
Ah, fa sorridere per fortuna, ma viene descritto nella puntata come un uomo ben piantato invece era l'opposto.
Mi spiace per la scrittura farraginosa ma sono sconvolto, amareggiato e anche arrabbiato, ma sono sicuro che se ascoltaste qualche famiglia di quegli anni feroci trovereste il mood per fare un'altra bella puntata, colonna sonora con Breakfast in America dei Supertramp e contributi di Vespe ET3 grigie con Marilyn che occhieggia tra gli eschimo di Potere Operaio.
Anche mio papà era appassionato di montagna come il protagonista della vostra storia, aveva conosciuto mia mamma durante una gita. Questo commuoveva sempre l'ingegnere. Conosceva la gente e anche i fatti. Quindi sapeva. Ditelo se siete bravi, profondi, capaci e non solo spettacolari.
Purtroppo come sempre la storia la fa chi la scrive dopo che è successa.
Buona giornata e grazie del vostro tempo
Alberto Narduzzi

Nessun commento: